giovedì 5 dicembre 2013

Vigoressia. "Quando il fitness diventa un'ossessione"


Fino a poco tempo fa si parlava di anoressia, bulimia e disturbo da alimentazione incontrollata, malesseri che rendono schiave migliaia di persone vittime di un’errata percezione del proprio corpo. Oggi invece esiste anche la fissazione per l’ipertrofia del muscolo. Questa tendenza nasce dalla falsa convinzione che avere una corporeità “perfetta” sia una peculiarità preminente della personalità.
Pochi conoscono un altro aspetto legato ad un'alterata percezione di se stessi, un'altra faccia della stessa infausta medaglia: la vigoressia.
La vigoressia colpisce un numero di persone sempre crescente che, nel tentativo di incrementare in misura sempre maggiore le proprie masse muscolari, entrano in una spirale perversa capace di compromettere l'equilibrio emotivo, le relazioni sociali ed affettive, sino a minare gravemente la salute e la funzionalità organica.
La vigoressia, o bigoressia o complesso di Adone come viene altrimenti chiamata, non è meno grave nè meno pericolosa dell'anoressia, non miete meno vittime, è solo meno conosciuta proprio perchè se ne parla ancora poco, la si conosce da meno tempo e spesso se ne sottovaluta la pericolosità. 
La vigoressia è un’alterata percezione della propria immagine corporea che, congiunta a una cronica insoddisfazione per il proprio aspetto fisico, porta, soprattutto tra i ragazzi e i giovani adulti, a una applicazione maniacale all’esercizio fisico praticato in palestra (body building in particolare) e all’adozione di diete squilibrate sostenute spesso da un uso scorretto di farmaci, con possibili rilevanti ricadute sulla salute dell’individuo; vigoressia, anoressia inversa”
La bigoressia è stata descritta per la prima volta da Harrison Pope Jr. Egli definisce il bigoressico come una persona che tende a ricercare delle modalità compensatorie al fine di aumentare il proprio tono muscolare (utilizzando anche delle sostanze dopanti) e ridurre il grasso. La bigoressia può essere definita come una vera e propria patologia. Infatti, la persona bigoressica patisce un’insoddisfazione forte e permanente inerente al proprio aspetto fisico, ha una forte paura di restare priva dei propri muscoli e del proprio stato di perfetta forma. A tali convinzioni seguono delle condotte auto-punitive, come ad esempio: sottoporsi a degli esercizi laboriosi; seguire delle diete molto rigide. Per di più, spesso, a questi comportamenti si associa l’uso ed abuso di integratori alimentari, e nei casi più estremi di steroidi anabolizzanti. Nel primo caso ci riferiamo a delle sostanze presenti nel cibo che, però, vengono scelte e prodotte a livello industriale sotto forma di capsule, pasticche, bustine, ecc, al fine di facilitare la copertura del nostro fabbisogno giornaliero. Nel secondo caso, invece, si fa riferimento a delle sostanze sintetiche che hanno degli effetti simili a quelli degli ormoni sessuali maschili. In particolare, questi ultimi inducono ad un aumento della massa muscolare. Inoltre, gli steroidi determinano anche una diminuzione della massa grassa. 
La bigoressia inoltre, ha tutta una serie di effetti sul benessere dell’individuo, come, ad esempio, problemi inerenti al metabolismo, disturbi depressivi, cardiovascolari e del sistema nervoso. In particolare questa patologia colpisce i ragazzi, soprattutto durante l'adolescenza. Come sappiamo, infatti, in questa fase dell’età dell’individuo è alla ricerca di un modellamento della propria forma fisica. A differenza dell’anoressia, questo disturbo si manifesta principalmente nei maschi piuttosto che nelle femmine. A proposito di anoressia, alcuni medici sono soliti definire la bigoressia “anoressia inversa”. Esiste infatti, un’interessante differenza o una caratteristica inversa tra l’anoressia e la bigoressia. Tale differenza si riferisce al fatto che l’anoressica si vede grassa nonostante la sua fisicità sia minima, mentre il bigoressico si vede piccolo, ed è proprio in questa piccolezza fisica che egli vede la sua debolezza. La bigoressia è stata anche ribattezzata come ‘Complesso di Adone’, personaggio della mitologia greca rappresentante l’idea della magnificenza mascolina intesa come compiutezza corporea.
Tratto da www.salus.it

martedì 8 ottobre 2013

Le virtù della soia


La Soia o Glycine max è un alimento di grande valore che sta ottenendo sempre più successo nell'alimentazione non solo dei vegetariani, ma di tutte le persone attente al benessere, in quanto fornisce circa 122 Kcal per 100 gr.
La soia contiene importanti isoflavoni come la genisteina e la daizeina, detti anche fitoestrogeni per la loro somiglianza con l’estradiolo, il principale ormone femminile. 

I fitoestrogeni contenuti nella soia possono proteggere efficacemente gli uomini dal carcinoma della prostata e le donne dalle malattie legate alla produzione di estrogeni quali il carcinoma della mammella, l'endometriosi, la mastopatia fibrocistica (cioè la malattia fibrocistica del seno), i fibromi dell'utero ed i disturbi della menopausa. 

Gli isoflavoni della soia agiscono come tutti gli estrogeni riequilibrando sia condizioni di eccesso di estrogeni (come la sindrome premestruale) sia di carenza di estrogeni (come la menopausa), riportando gli ormoni a livelli corretti. 
Dalla soia si estrae inoltre un’ altra importante sostanza ovvero la lecitina, un emulsionante naturale che mantiene in sospensione il colesterolo presente nel sangue impedendo che si depositi sulle pareti delle arterie, creando il rischio di malattie cardiovascolari.
Secondo dei recenti studi, le proteine della soia permettono di controllare l’iperglicemia e di ridurre il peso corporeo, in quanto sono in grado di aumentare il metabolismo corporeo, il processo responsabile dell’eliminazione dei grassi e delle calorie in eccesso, regolando inoltre il livello di insulina, l’ormone che si occupa del corretto assorbimento del glucosio. Tali sostanze possono perciò risultare un’arma efficace nei confronti di problemi quali l’obesità ed il diabete.
La proteina della soia contiene molti acidi e amminoacidi essenziali per la costruzione del muscolo, oltre all’ arginina e la glutammina, due amminoacidi noti per stimolare il rilascio degli ormoni della crescita e per migliorare il sistema immunitario.
Le proteine della soia perciò possono rafforzare i muscoli del corpo in modo notevole, ed inoltre svolgono un ruolo importante nella costruzione di massa muscolare magra, oltre che combattere la formazione di radicali liberi durante un eventuale esercizio fisico ed aiutare un recupero muscolare più veloce.
Essendo un legume particolarmente oleoso e ricco di fibre è un prezioso alleato per contrastare la stipsi e l’intestino pigro, in particolare se in abbinamento ad un elevato consumo di acqua. 


Oltre agli effetti benefici per l’organismo sopra indicati, le proteine della soia hanno generato anche alcuni effetti collaterali, che sono tuttora motivo di studio.
Degli studi preliminari hanno dimostrato l’esistenza di un legame tra un’assunzione regolare di proteine di soia (integratori) e una diminuzione dei livelli di testosterone nei maschi, così come uno squilibrio di estrogeni e la produzione di un numero di spermatozoi inferiore alla norma.
Un altro rischio possibile dovuto ad un’ assunzione regolare di proteine di soia riguarda i problemi alla tiroide, in quanto il suo corretto funzionamento potrebbe essere compromesso dalla presenza dei goitrogeni.
Degli studi scientifici dimostrano inoltre che anche la memoria potrebbe risentire a causa di un’ assunzione regolare di proteine della soia, con problemi quali per esempio dimenticanze frequenti.
L'errore più comune è proprio quella di considerarla una panacea di tutti i mali ed assumerne in quantità industriali!
Ci sono alcuni pericoli legati all'assunzione esagerata di questo alimento: innanzitutto la soia non può essere considerata, da sola, un completo sostituto della carne. Ebbene si, nella soia manca un elemento contenuto nelle proteine animali: la metionina. Per poterla sostituire alla carne è necessario abbinarla ai cereali, ricchi di questa sostanza.
I cibi a base di soia aumentano le richieste da parte del corpo di vitamina D e B12, elementi essenziali sia per la crescita e lo sviluppo normali. Moderiamone quindi il consumo ed abbiniamola sempre a frutta e verdura!
Inoltre, non dimentichiamoci che si tratta pur sempre di un legume: come tale, va consumato due o tre volte a settimana ed alternato ad altri alimenti!
Come comportarci dunque? C'è una regola in alimentazione, tanto semplice, eppure tanto spesso ignorata: la moderazione e la varietà.

giovedì 11 aprile 2013

Il segreto di un cristallo rosa!


Il sale himalayano, con i suoi cristalli di colore rosa, viene estratto da miniere situate lungo la catena dell’Himalaya. La sua cristallizzazione avvenne circa 200-250 milioni di anni fa, quando nella zona che oggi è l’Himalaya esisteva un antico mare che progressivamente si ritirò ed evaporò, lasciando enormi depositi di sali.
A causa di immani eventi geologici queste coltri saline vennero ricoperte da materiale di origine vulcanica che le sigillarono sotto un vero e proprio strato protettivo. Per questo, il sale himalayano viene ritenuto uno dei più puri del pianeta, dal momento che è al riparo da qualsiasi forma di inquinamento moderno.
Il sale viene tipicamente estratto a mano dalle miniere himalaiane, e sottoposto lavorazioni completamente manuali di selezione, triturazione e lavaggio con acqua pura, per poi essere essiccato al sole. Questa tipologia di sale è totalmente naturale e viene commercializzata senza l’aggiunta di alcun additivo o agente antiaggregante.
Si tratta di un prodotto particolarmente gradevole alla vista, dal momento che i suoi cristalli presentano diverse sfumature di bianco, rosso e rosa che sono indicatrici della ricchezza in ferro ed altri elementi. Questo sale è conosciuto da molti secoli per via delle sue proprietà benefiche sulla salute e delle sue potenzialità in ambito culinario. A seconda delle dimensioni dei cristalli, che possono andare tipicamente dai 10 ai 60 millimetri di diametro, il sale himalayano viene solitamente commercializzato in tipologie a grana fine, media oppure grossa.
Differenze fra sale comune e sale rosa himalayano
Il sale è un elemento indispensabile per la vita, ma la maggior parte delle persone non è al corrente del fatto che esiste una enorme differenza fra il sale da tavola “standard” e il sale di origine fossile. Il sale che acquistiamo normalmente al supermercato non ha nulla a che vedere con il sale naturale, dal momento che è composto per il 97.5% circa da cloruro di sodio e per il restante 2.5% dal iodio, fluoro e talvolta altre sostanze (es. carbonato di calcio, carbonato di magnesio o idrossido di alluminio).
Inoltre l’elevato calore dovuto all’essiccazione a livello industriale ne altera profondamente le caratteristiche. Questo sale viene tipicamente estratto dall’acqua di mare, che tuttavia è nota per essere sempre più inquinata (ad esempio da PCB, diossine e mercurio): il sale marino attualmente prodotto non è quindi più puro come quello di una volta.
I cristalli di sale himalayano sono invece totalmente naturali perché derivano da antichi depositi fossili, e non subiscono alcun tipo di trattamento termico. Inoltre il fatto di derivare da depositi isolati dall’inquinamento è una garanzia della loro salubrità e dell’assenza di sostanze tossiche. Molti dei minerali e degli elementi in tracce presenti nel sale rosa dell’Himalaya sono inoltre in forma colloidale, ovvero facilmente assorbibili dalle cellule.
Nel sale himalayano sono presenti elementi in tracce e minerali fondamentali per il funzionamento dell’organismo fra i quali, ad esempio, calcio, potassio e magnesio utili per mantenere ottimale il bilancio idrico ed elettrolitico a livello cellulare. Il colore rosa vivido del sale è dovuto, in particolare, alla presenza di ferro.
Benefici sulla salute del sale rosa dell’Himalaya
Il sale himalayano, grazie ai numerosi elementi in tracce e minerali contenuti (ne vengono pubblicizzati addirittura 84!) viene ritenuto in grado di:
abbassare la pressione sanguigna
migliorare la funzionalità del sistema cardiocircolatorio
regolare la glicemia sanguigna
detossificare l’organismo dai metalli pesanti e dalle tossine accumulate
alleviare il dolore muscolare
curare la sinusite
mantenere in salute l’apparato respiratorio
regolare il bilancio idrico del corpo
bilanciare gli equilibri acido-base del corpo, in particolare delle cellule cerebrali
ridurre il reflusso acido
prevenire i crampi muscolari
favorire il rinforzamento delle ossa
regolare il sonno
assorbire particelle di cibo nel tratto intestinale dell’apparato digerente
ridurre i segni dell’invecchiamento
nutrire e riequilibrare la pelle

Date le potenzialità con il quale viene descritto non stupisce, dunque, che il sale dell’Himalaya sia utilizzato in molte spa e centri benessere specializzati nel rilassamento del corpo e della mente. La maggior parte di queste affermazioni, tuttavia, non sono supportate da evidenze scientifiche.

martedì 12 marzo 2013

L'altra faccia del glutine


Lo spettro dei disordini correlati al glutine si è arricchito negli ultimi tempi di una nuova condizione morbosa definita “Gluten Sensitivity” o “Sensibilità al Glutine”, la quale va ad aggiungersi alla celiachia ed all’allergia al grano, conosciute da tempo. A differenza dell’allergia al grano e della celiachia, che sono malattie ben definite con criteri diagnostici universalmente accettati, la “Gluten Sensitivity” rappresenta una nuova entità, i cui criteri diagnostici sono ancora oggetto di definizione e discussione.

La “Gluten Sensitivity” si caratterizza sul piano clinico per una sintomatologia, che si manifesta in seguito all’assunzione di glutine, caratterizzata da sintomi gastrointestinali (meteorismo, dolori addominali, diarrea o stipsi o alvo alterno) ed extraintestinali (sonnolenza, difficoltà di concentrazione, annebbiamento mentale, cefalea, artromialgie, parestesie degli arti, rash cutanei tipo eczema, depressione, anemia, stanchezza cronica). Tale quadro clinico va in remissione con l’eliminazione del glutine dalla dieta. La risposta alla sottrazione del glutine è in genere rapida e porta ad un significativo miglioramento clinico nel giro di pochi giorni. Tale condizione è estremamente frequente nella popolazione generale,  è circa 6 volte più frequente della celiachia. In pratica si può affermare con buona approssimazione che, se il numero di celiaci attesi in Italia è di circa 500.000 unità, i pazienti con Gluten Sensitivity sono almeno 3 milioni.  La Gluten Sensitivity si manifesta dall’età adolescenziale all’età adulta, mentre è estremamente rara in età pediatrica.
A parte il quadro clinico appena descritto con sintomi, che ad onor del vero sono spesso molto simili a quelli dell’allergia al grano e della celiachia, la diagnosi di Gluten Sensitivity è al momento una diagnosi di esclusione, caratterizzata dalla negatività dei test immunologici per l’allergia al grano (anticorpi di classe IgE diretti verso il grano e PRICK test), dalla negatività per la sierologia tipica per celiachia (anticorpi antiendomisio ed antitransglutaminasi) e da una biopsia intestinale normale o con alterazioni minime (Marsh 0 o Marsh 1 con incremento dei linfociti intraepiteliali, ma con villi assolutamente normali).
La Gluten Sensitivity non dispone al momento di marcatori anticorpali specifici atti ad identificare questa condizione e l’unica alterazione immunologica che è possibile ritrovare nei pazienti con sensibilità al glutine è la positività per anticorpi antigliadina di prima generazione, i ben noti AGA, che vengono ritrovati positivi nel 40-50% dei pazienti con Gluten Sensitivity. Generalmente, la positività degli AGA nei casi di GS è di classe IgG, più raramente di classe IgA. Sul piano genetico la Gluten Sensitivity presenta una positività per HLA-DQ2 e/o DQ8 nel 50% dei casi circa rispetto al riscontro di questi marker genetici nel 99% dei celiaci e nel 30% della popolazione generale. 

Da tempo gli studiosi delle patologie da glutine si erano accorti dell’esistenza di una condizione di sensibilità al glutine in assenza di criteri diagnostici compatibili con una condizione di allergia al grano o di celiachia, ma questi pazienti sono rimasti per molti anni in vero e proprio limbo, venendo spesso considerati dei pazienti affetti da sindrome dell’intestino irritabile o con problematiche di tipo psicologico ed ansioso–depressivo o pazienti da sorvegliare per il possibile sviluppo in futuro di celiachia.

Lo studio condotto dalla Università di Baltimora (Maryland, USA) e dalla seconda Università degli Studi di Napoli, pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica BMC Medicine, fornisce importanti elementi per definire i meccanismi patogenetici della Gluten Sensitivity.
Partendo dall’analisi dei meccanismi molecolari e di risposta immunitaria il gruppo di ricercatori, coordinati da Alessio Fasano, ha dimostrato che la Gluten Sensitivity non presenta alterazioni della permeabilità intestinale, che invece, come è ben noto, è significativamente aumentata nella celiachia.
I ricercatori hanno inoltre dimostrato che all’origine della Gluten Sensitivity e della celiachia vi sono diversi meccanismi patogenetici, con un’alterazione dell’immunità innata  alla base della Gluten Sensitivity (documentatta dagli elevati livelli mucosali del marker di immunità innata  Toll-like-recptor 2) e dell’immunità adattativa alla base della celiachia (elevati livelli mucosali di IL-6 e IL-21, marker di immunità adattativa).
Lo sviluppo di queste nuove conoscenze consente di caratterizzare ulteriormente la Gluten Sensitivity come un’ entità nosologica ben definita. E’ chiaro che c’è ancora sicuramente molto lavoro da fare per una definizione corretta di tutti i parametri clinici, immunologici e genetici della Gluten Sensitivity.
Nel prossimo futuro sentiremo parlare spesso di questa nuova entità nosologica, la cui migliore definizione sul piano diagnostico consentirà di risolvere un problema sempre più emergente nel campo dello spettro dei disordini correlati al glutine.

giovedì 7 marzo 2013

Il colesterolo cattivo alleato dei grassi idrogenati


Se fino ad oggi nella dieta bisognava stare attenti al colesterolo buono HDL e a quello cattivo LDL ora sembra esserci una nuova variante di quest'ultimo, l'ossicolesterolo. L'allarme arriva dall'Università di Hong Kong dove un gruppo di ricercatori cinesi, coordinati dal dottor Zhen-Yu Chen, ha scoperto che il cibo spazzatura contiene una variante del colesterolo cattivo (LDL) molto più pericolosa per l'organismo. Lo studio è stato presentato in occasione della 238esima edizione del meeting dell'American Chemical Society (Washington, Agosto 2009).
Da cosa si origina questa variante di colesterolo cattivo? L'ossicolesterolo nasce dall'ossidazione dei grassi, un processo che le aziende sfruttano per generare particolari sostanze utili in campo alimentare per migliorare consistenza, sapore e stabilità dei cibi lavorati. L'ossicolesterolo, che è presente soprattutto negli alimenti tipici da fast-food, contribuisce si a migliorare la capacità di conservazione dei cibi e il sapore ma allo stesso tempo aumenta il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari come l'aterosclerosi (l'indurimento progressivo delle arterie).
Le conclusioni dei ricercatori sono frutto di uno studio che ha esaminato due gruppi di cavie, uno alimentato con una dieta sana mentre l'altro con una dieta particolarmente ricca di alimenti contenenti ossicolesterolo. Dalle analisi è emerso che i topolini nutriti con alimenti ricchi di ossicolesterolo, rispetto a quelli che hanno seguito una dieta sana, presentavano dei livelli di colesterolo superiori del 22 per cento e l'analisi condotta sui vasi sanguigni ha fatto rilevare un'elevata produzione di placche aterosclerotiche.
Il dottor Zhen-Yu Chen conclude mettendo in guardia i consumatori, l'esperto spiega che molte aziende alimentari aggiungono intenzionalmente ossicolesterolo ai cibi sotto forma di grassi idrogenati per migliorare il sapore e la capacità di conservazione degli alimenti. A differenza dei grassi saturi, presenti nei grassi animali (strutto, burro, parte grassa delle carni) e nei formaggi, che nelle quantità corrette sono utili all'organismo, i grassi idrogenati non servono e, stando a quanto concluso dallo studio cinese, sono più nocivi.

Il cuore del carciofo


Il Carciofo è una delle più utili e salutari piante mediterranee. Famoso per il suo uso culinario, ha importanti proprietà terapeutiche. Secondo il Columella (primo secolo dopo Cristo) deve il nome di Cinara, poi divenuto Cynara, al termine "cenere", perché con questa veniva concimata la pianta, mentre per altri autori Cinara era una giovane che secondo la tradizione venne trasformata in carciofo. Scolymus è il nome greco attribuito al cardo e significa spina, mentre Carciofo è una parola di derivazione araba, Kerschooff. I principi attivi del Carciofo sono contenuti nelle foglie, e tra questi il più interessante è la Cinarina; essa è presente in concentrazione massima durante la formazione del capolino, che è poi la parte della pianta che viene usata in cucina. Le principali proprietà delle foglie del Carciofo sono quelle coleretiche e colagoghe: è stato dimostrato infatti che il flusso biliare può essere aumentato fino al 90% in più rispetto ai valori basali, e che questo effetto non diminuisce nel tempo e, dunque, si presta anche a trattamenti prolungati, specie in caso di bile densa, sabbia biliare e tendenza a produrre calcoli nella cistifellea. L'azione diuretica è altrettanto importante e si evidenzia pienamente dopo circa sei giorni, promuovendo così la funzione depuratrice renale, grazie ai composti flavonici e ai sali minerali, in particolare potassio e magnesio, che il Carciofo contiene. I principi attivi contenuti nelle foglie del Carciofo influiscono anche nel ricambio del colesterolo e dei trigliceridi, siano essi di origine alimentare o endogena, aiutando a mantenerne bassi i livelli a tutto vantaggio dell'apparato cardiovascolare. Un'altra importante e complementare azione del Carciofo è quella epatoprotettiva e antitossica, che si manifesta su diverse sostanze tossiche, in particolare sull'alcool, di cui riescono a ridurre la presenza nel sangue per effetto dell'aumentata diuresi e per un'accelerazione del metabolismo dell'etanolo. Questi effetti, studiati in particolare sulla cinarina, sono da ascrivere al miglioramento dell'attività dell'epatocita, a una più marcata coleresi (secrezione di bile), e a una maggiore capacità di mantenere il colesterolo in soluzione nel siero, anche per un'evidente escrezione del colesterolo attraverso la bile. Sono state riscontrate anche proprietà rigeneratrici del parènchima epatico, oltre alla capacità di migliorare le funzioni secretive e motorie del tubo digerente, favorendo anche la peristalsi. Il carciofo è normalmente ben tollerato a livello gastrico e sistemico. Va evitata l'assunzione in caso di ipersensibilità accertata verso uno o più componenti, ed in pazienti affetti da calcolosi delle vie biliari. Per la generosa presenza di inulina, l'impiego di carciofo va evitato in caso di fermentazioni intestinali abbondanti. Analogo discorso durante l'allattamento, a causa delle possibili riduzioni della portata lattea.

mercoledì 30 gennaio 2013

Arance rosse, il cuore della Dieta Mediterranea


La produzione di arance rosse (varietà: Moro, Tarocco e Sanguinello), conosciute anche come arance "pigmentate", è esclusiva della Sicilia sud-orientale e comprendente le zone settentrionali della provincia di Siracusa e quelle meridionali della provincia di Catania. 
Le arance rosse siciliane forniscono numerose molecole "bio-attive" che giocano un ruolo importante nel mantenimento dello stato di buona salute dell'uomo e sono per tale ragione un importante "punto-chiave" della Dieta Mediterranea.
Rispetto alle arance "bionde", le arance rosse siciliane si caratterizzano per livelli più alti di Vitamina C.
Quando l'inverno non da tregua e le insidie del freddo sono portatrici di starnuti, brividi e gola arrossata è tempo, dunque, di Vitamina C e antiossidanti, è tempo di arance rosse siciliane.
Le arance rosse, tuttavia, non contengono solo elevate concentrazoni diVitamina C ma anche altre molecole antiossidanti dotate di spiccate proprietà salutistiche.
Il principale antiossidante è la Cianidina, molecola dotata di proprietà anti-cancro, anti-infiammatorie ed anti-colesterolo cattivo.
Numerose ricerche scientifiche, inoltre, hanno dimostrato che la cianidina aiuta a mantenere integra la salute dello stomaco, dei globuli rossi e dei vasi sanguigni; protegge la vista; aiuta nella prevenzione dell'obesità e nel miglioramento del diabete.
Le arance rosse contengono anche buone quantità di minerali e vitamine come A, B1 ,B2, PP, e anche di Vitamina B9, che, in adeguate quantità e in associazione con l'acido folico, è in grado di ridurre il rischio dell'insorgenza di alcuni difetti a carico del feto.

La contemporanea presenza di elevati livelli di Vitamina K e i contenuti molto bassi di sodio rendono questi frutti importanti nel contrastare l'insorgenza di ipertensione arteriosa.
Gli zuccheri delle arance rosse vengono rapidamente assimilati risultando, in questo modo, molto utili in caso si stanchezza o stress.
Grazie al loro basso contenuto in grassi, le arance rosse sono frutti ipocalorici: 34 kcal/100 gr. La fibra contenuta nel callo bianco presente sotto la buccia regola l'assorbimento di zuccheri, grassi e proteine e favorisce il transito intestinale.
L'acido citrico protegge la Vitamina C e aiuta a prevenire i calcoli renali.
Infine, è stato dimostrato che la polpa delle arance rosse possiede una ottima efficacia nel ridurre i danni causati dai radicali liberi in soggetti sottoposti ad attività ed abitudini particolarmente stressanti come sportivi, professionisti e fumatori.

mercoledì 16 gennaio 2013

Il Broccolo: non si butta via nulla!


I broccoli fanno parte della famiglia delle crocifere, della varietà Brassicaceae, comunemente li facciamo rientrare nella grande famiglia dei cavoli. Sono principalmente diffusi nell’Italia meridionale ed in alcuni paesi a clima simile come la Spagna, ma la loro origine è da ricercarsi in America, portati nelle nostre zone dai navigatori dell’oceano che li usavano principalmente come alimenti per ricaricarsi di vitamina C. 
I broccoli sono importanti innanzitutto per il loro alto contenuto di acido folico, circa 0,6 mg/kg, presente anche in tutti gli altri ortaggi a foglia verde e nella frutta. Questa vitamina è importante per proteggere il sangue dal rischio di anemie come la megaloblastica (spesso associata alla carenza di vitamina B 12), per evitare disturbi intestinali e rafforzare le difese immunitarie.
Contengono un gran numero di antiossidanti, utili per le loro capacità protettive verso vari tessuti del nostro corpo. Tra questi, possiamo citare gli indoli come il 3,3-diindolilmetano che protegge attivamente il sistema immunitario, conferisce proprietà anti-batteriche ed anti-virali. Sono presenti, inoltre altri indoli ed isotiocianati che proteggono gli organi genitali, la zeaxantina e la luteina che proteggono la vista, il sulforano aiuta i polmoni a liberarsi delle tossine nocive e per proteggere i vasi sanguigni dall’ eccesso di glucidi nel sangue. 
Infine, il complesso antiossidante dei broccoli, incluso il beta-carotene che è presente in abbondanza, viene ritenuto capace di ridurre del 45% il rischio di tumore alla prostata e vari altri tipi di cancro e di prevenire le malattie cardiache, anche se queste affermazioni andrebbero considerate con prudenza.
Contengono vitamina-a, vitamina-b1 e b2 e molte fibre; queste ultime favoriscono notoriamente l’ attività intestinale contro la stitichezza. 
I broccoli sono anche ricchi di vitamina-c, ma la necessità di cuocerli ci obbliga a perderne una gran parte, dato che è sensibile al calore. Tuttavia, il modo migliore per cuocerli senza queste perdite è al vapore, non immergendoli in acqua, ma tenendoli sospesi in una pentola grande, sopra l’ acqua in ebollizione. 
La cottura a vapore è stata valutata come il metodo migliore insieme a quella a microonde anche da due ricercatori dell’ università di warwick che hanno fatto delle prove di cottura sui broccoli (oltre a grandi scorpacciate, presumibilmente).
Sono utili contro le ulcere gastriche grazie ad una sostanza che contengono, il grafanato, che è già usata da tempo nei farmaci anti-ulcera per proteggere le mucose dello stomaco. 
Tra i minerali, sono particolarmente ricchi di ferro, magnesio, potassio e fosforo. Quindi sono utili per il ricambio dell’ emoglobina del sangue e dei minerali nelle ossa. 
Le uniche controindicazioni a consumarli troppo frequentemente, dato il loro contenuto di fibre e di zolfo (se ne sente l’ odore durante la cottura) sono per chi soffre della sindrome del colon irritabile e per la possibilità di creare flatulenza.
Anche la sola acqua di cottura dei broccoli, di colore giallo intenso, è consigliata contro stitichezza e diarrea. Dei broccoli, non si butta via proprio nulla…